Fulvio Semola, segretario locale del Partito Nazionale Fascista, è una faina. Se lo dice da solo, alle ventitré e trenta del 6 di maggio del 1936, mentre è a letto accanto a sua moglie, Selina, che gli chiede conto di questa affermazione. Il fatto è che ha avuto un’idea geniale: ci sono venti campanili a Bellano, frazioni comprese, e per il 9 vuole organizzare un concerto per festeggiare la conquista dell’Impero da parte delle truppe del Duce. Una scampanata epocale. Così scrive una lettera al prevosto, brucia la brutta copia – non sia mai gli rubino la pensata! - e dà la bella alla perpetua, che dopo pranzo (agoni e polenta non possono aspettare, le balle del Semola sì!) la dà al sacerdote. Che risponde picche, dà la sua missiva alla perpetua che la porta a Selina che la dà a Fulvio che tira giù un improperio, chiede consiglio, torna dal prete, accetta le sue condizioni, si organizza coi camerati e fa rintoccare tutti i batacchi del circondario alle sette di sera – perché non si può fare troppo tardi, ci sono gli anziani, gli ammalati e chi vuole poter dormire presto in santa pace – al suon di O che bel castello marcondirondirondello, perché l’occasione dev’essere fausta, non creare il panico tra la gente e non ci dev’essere nulla di politico. Anche se poi si fa prendere la mano. Ci starebbe bene anche il discorso di un reduce dall’Africa, ma l’unico in città è quello Stellio Cerevelli che tutti hanno sempre chiamato Dolcineo e che è tornato con un servitore nero al seguito… Per lui, tra l’altro, la conquista dell’Africa significa la fine della pacchia: niente più indennizzo militare… Inoltre Eudilio Malversati, temutissimo ispettore di produzione del locale cotonificio, viene aggredito. E da casa sua spariscono un po’ di mutande della moglie…