Scrivendo una recensione mi sorge un dubbio riguardo alla località in cui si svolge buona parte dell’azione. Cerco un po’ in Rete come si fa in questi casi, ma c’è una piccola discrepanza, il dubbio rimane. Prendo il coraggio a quattro mani, e grazie alla mia innata faccia tosta (e a Facebook) scrivo un messaggio a Douglas Preston, autore del libro che sto recensendo assieme a Lincoln Child. Tanto figurati se lo legge: il messaggio finirà nella famigerata casella Altri e non sarà mai visto. Il giorno dopo vengo clamorosamente smentita. Trovo tra i messaggi in arrivo la risposta ai miei dubbi e un cortese invito a inviare il link della recensione quando sarà pubblicata. Va da sé che non ho resistito alla tentazione e sempre più sfacciatamente – fingendo però timidezza, ovvio – ho chiesto se i due maghi del thriller sarebbero stati disponibili a ripondere a qualche domanda, una piccola intervista per completare il tutto. La risposta? Massima disponibilità da parte di due splendide, gentili e molto spiritose persone che a stretto giro di posta hanno risposto a tutto.
Al di là dei successi personali di ognuno di voi, ai vostri nomi è indissolubilmente legato l’ineffabile agente Pendergast, una figura al limite dell’umano sia per quanto riguarda le capacità deduttive e intellettuali, sia per la resistenza fisica. Vi siete ispirati a qualcuno? Fra l’altro nel corso degli anni le sue stupefacenti doti hanno trovato una parziale spiegazione nelle pratiche di antiche discipline orientali, uno di voi o entrambi siete appassionati e quindi si tratta di descrizioni reali o sono elaborazioni che da una base concreta si evolvono con la fantasia?
Doug: Linc ed io parlavamo dei primi capitolo di Relic, che è stato il nostro primo romanzo insieme, e Linc si lamentava che avevamo due poliziotti di NY che erano esattamente uguali, disse: “Perché non ci imbattiamo in un personaggio completamente differente, un pesce fuor d’acqua?”. Io scherzando risposi: “Intendi come un albino di New Orleans?”. Linc rise ma cominciammo a seguire questa linea di pensiero e immediatamente Pendergast si materializzò, come Atena dalla testa di Giove. E’ saltato fuori, ci ha stretto le mani e ha detto: “Sarò io il vostro personaggio, grazie”. E’ stato straordinario, nessun altro dei personaggi che abbiamo inventato si è materializzato così improvvisamente e così già completo. A noi sembra molto più reale lui di tanta gente reale che conosciamo.Non è basato su nessuno che conosciamo, né è come noi. Credo si possa dire che è la persona che tutti vorremmo essere e non siamo. Penso che ci sia una piccola parte di Holmes in Pendergast. Entrambi, Linc ed io da giovani siamo stati un po’ fanatici di Sherlock Holmes, e sicuramente una parte di Holmes si è insinuata in lui per osmosi. Ma Pendergast è differente da Holmes in molti modi, è un’anima torturata, la sua vita ha un lato oscuro, e non ha la visione nettamente in bianco o nero che ha Holmes.
Linc: quando ho visto Star Trek - Into darkness sono stato davvero molto colpito da quanto Benedict Cumberbatch somigliava alla mia intima visione di come volevo che fosse Pendergast, non nell’aspetto fisico ma nei modi e nell’aura che lo circonda. Naturalmente avrebbe dovuto avere caratteristiche più chiare, capelli biondi e un dolce accento di New Orleans, ma non avevo dubbi, Cumberbatch lo incarnava perfettamente.
L’altro personaggio “fantastico” è Constance, la figlioccia di Pendergast che nasconde un incredibile segreto. Secondo voi come si spiega che un personaggio assolutamente fantastico sia apprezzato e accettato dai lettori come assolutamente plausibile?
Doug: Constance è un grande mistero. Noi non abbiamo mai realmente spiegato ai nostri lettori da dove venga, a parte qualche allusione qui e là. È plausibile perché è una persona reale, un personaggio a tutto tondo. Una donna di una bellezza antica, ma capace di essere assolutamente implacabile se provocata, come si è visto quando in una scena all’isola di Stromboli ha gettato un personaggio nella bocca del vulcano.
Linc : io penso che la gente la apprezzi perché è una donna vera, tridimensionale, intelligente complessa e non del tutto stabile, non un personaggio di cartone.
Douglas ha lavorato per molti anni al museo di Scienze naturali di New York, uno dei posti più affascinanti e si suppone pieni di segreti, tant’è che lo avete usato come palcoscenico di molte delle avventure di Pendergast. Quanto sono reali e quanto romanzate le descrizioni delle parti che non sono accessibili al pubblico?
Doug: direi che circa il 90% di quanto del museo è descritto nei nostri libri è assolutamente accurato. E’ davvero un posto così grande incredibile e sorprendente che abbiamo dovuto inventare davvero poco. Il coleottero dermestide che si nutre della carne di animali morti, il magazzino delle ossa di dinosauro o il magazzino di ossa di balena, le mummie il meteorite gigante e le pietre preziose sono tutti asslutamente veri. Mentre i nostri personaggi del museo sono inventati, ma assomigliano fortemente ad alcune persone che lavorano lì, che tendono ad essere piuttosto eccentriche e bizzarre.
Avete scelto di “dividere” i romanzi in trilogie dedicate ai personaggi: nella trilogia di Helen è preponderante la denuncia di una possibile recrudescenza dell’ideologia nazista, una scelta che in qualche modo ha dato un’impronta “sociale/sociologica” ai romanzi. Una scelta precisa, e nel caso motivata da cosa, o un caso che poi avete sviluppato e reso funzionale?
Doug: penso un po’ entrambe le cose, la trilogia era partita come singolo libro, ma lavorandoci abbiamo realizzato che quella che volevamo raccontare era una storia davvero grossa e così l’abbiamo sviluppata in questo modo anche se avevamo un’idea abbastanza precisa di dove volevamo andare a parare.
Linc: alcuni ci accusano di tentare di aumentare le vendite dei libri lasciando i finali aperti. Ma la ragione vera è che avevamo davvero una gran storia, eccitante complessa da raccontare e ci sono voluti tre libri per farlo. I nostri lettori possono perdersi totalmente nella lettura della trilogia di Helen, e questo a noi piace molto.