Secondo te il fatto che nella narrativa rivolta ai bambini e ai ragazzi il numero tre ricorra così spesso (Harry, Ron, Hermione; i tre porcellini; Qui, Quo e Qua; i tre moschettieri) ha un misterioso significato da scoprire?
Come dice Woody Allen, se si devono avere dei modelli tanto vale puntare in alto. E la Santissima Trinità è il vertice assoluto.
Qual è il tuo numero preferito?
Sette, un altro numero emblematico…
Perché hai scelto di parlare ai ragazzi attraverso il genere giallo e noir?
Già, le scelte: spesso si crede di compiere delle scelte, mentre poi si scopre che è stato il Caso l’artefice delle nostre scelte decisive… Succede anche con le storie in pagina: se sei autentico racconti soltanto ciò che è imprescindibile narrare, senza prefiggerti di farlo. Perché non sei tu a scegliere le storie, sono loro a venire a trovarti con il “vestito” (cioè il genere) a loro più congeniale. Quando capita, devi semplicemente lasciartene permeare e metterti al loro servizio, raccontandole con la concentrazione e la dedizione che meritano.
Che cosa ti leggevano i tuoi genitori da bambino?
I grandi classici: Capitani coraggiosi, L’isola del tesoro, le straordinarie storie anche per i bambini di Oscar Wilde.
E tu, hai mai letto qualcosa ai tuoi figli o ai tuoi nipoti?
Non ho figli né nipoti.
Qual è il romanzo che ti piaceva di più da ragazzo?
Due, i titoli-bibbia: Una vita di Maupassant e Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde.
Che significa esattamente “nonnità”?
L’età dei nonni, ma non solo. La condizione di chi ha in sé l’età dei ragazzi e degli adulti, più qualche altra primavera. Ma le due precedenti non le ha perse così agisce sommandole, non sottraendole.
I libri di Ferdinando Albertazzi